Aborto e obiezione

 

 

Personalmente ritengo sia un fatto scandaloso che in un ospedale pubblico la maggioranza (o addirittura il 100%) dei ginecologi possa essersi dichiarato obiettore e, quindi, si rifiuti di praticare un’interruzione di gravidanza.

So bene che la legge 194 all’art. 9 consente ai ginecologi la possibilità, appunto, di non partecipare alle interruzioni di gravidanza laddove queste non siano necessarie per evitare alla donna gravi pericoli per la sua salute.
Ma è altrettanto vero che la medesima legge prevede all’art. 4 che alla donna sia data la possibilità di ricorrere, entro i primi novanta giorni, all’interruzione della gravidanza nel caso in cui 
[...] accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito [...].
Se, poi, mettiamo nel conto che per una donna decidere di ricorrere all’interruzione di gravidanza non è mai una scelta semplice, mi pare che consentire il verificarsi di situazioni in cui è difficile, se non impossibile, ricorrere all’aiuto di medici ginecologi per interrompere la gravidanza sia una vera e propria violenza operata sulla donna. 
Una violenza che non pare essere solo di natura psicologica.

E mi pare, poi, che oltre che alla donna, la violenza sia fatta allo Stato e ai suoi cittadini: penso, infatti, che sia un vero e proprio abuso il fatto che in una struttura che si mantiene grazie al contributo pubblico sia impedito a delle cittadine di avvalersi di una Legge dello Stato.

Credo, infine, che sia arrivato il momento di far comprendere ai ginecologi che in Italia, dal 1978, è in vigore la Legge 194 che consente alle cittadine il diritto di ricorrere all’interruzione di gravidanza. 
Coloro che sono contrari per motivi ideologici all’interruzione di gravidanza e desiderano dedicarsi da professionisti alla ginecologia, possono benissimo operare in strutture ospedaliere private che non si avvalgono di contributi economici pubblici. 
Meglio sarebbe, a mio avviso, che costoro non si dedicassero affatto alla ginecologia, in quanto, mi pare palesino chiaramente un disprezzo per la donna e i suoi diritti che mi sembra non aver pari nel mondo medico.

A più di trenta anni dall’entrata in vigore della Legge 194, mi pare sia arrivato il momento di consentire alle donne di poter liberamente esercitare i propri diritti in materia, senza il pericolo e la brutalità di trovarsi di fronte, in una struttura pubblica, a un muro di gomma che non glielo consente. 

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