Il rito
La notte, prima di coricarmi, compio una sequenza di azioni che sono, ormai, un rito.
Posso aver trascorso la serata fuori casa, o sul divano a vedere un programma TV, oppure steso a letto a leggere un libro o anche a navigare nel Web, ma, quando ho deciso che sto per andare a dormire, quella sequenza si presenta uguale a se stessa e delimita un confine.
Il confine tra la veglia e il sonno.
Anzi, il rito facilita il sonno. Lo introduce e ne spiana l’arrivo, perchĆ©, in qualche modo, mi rassicura.
- Per prima cosa mi accerto che la porta di casa sia chiusa a chiave. Lo è sempre, perché chiudo a chiave appena entro in casa. Ma io mi accerto lo stesso.
- Poi bevo.
- Spengo i cellulari.
- Mi soffio il naso. Sempre, anche se non ne sento la necessitĆ . Me lo soffio.
- Faccio la pipƬ e mi lavo.
- Metto una crema idratante su mani, naso e fronte. Operazione che ha un nome preciso nel personale lessico familiare: “Metto la palta”.
- Infine mi stendo nel letto. Posiziono il pene lungo il ventre, perchĆ© so che adagiato sullo scroto mi darebbe fastidio, soprattutto perchĆ©, prima che mi vinca il sonno, ho sempre un’erezione. Erezione che ritrovo al mattino (ovviamente ĆØ un’altra erezione)...
E tu? Hai una sequenza, un rito, oppure ogni notte fa storia a sƩ?
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