Quella notte ero con lui

Quella notte nel Getsemani c’ero anche io. Ero con Gesù e quando sono venuti per arrestarlo, prima l’ho seguito da lontano, poi, quando hanno tentato di catturarmi, sono scappato. Mi vergogno, ma ho avuto paura di quello che avrebbero potuto farmi e sono fuggito, nudo com’ero, tra gli ulivi, abbandonando il Maestro al suo destino.
Ero solo un ragazzino. Non lo dico per giustificarmi, ma per amore della verità. Un ragazzino affascinato dal carisma del Maestro, ma che di fronte ai soldati romani se l’è fatta sotto ed è scappato.
Di Gesù mi era piaciuto il modo con il quale si rivolgeva alle folle, spingendole al cambiamento, all’azione. Né Paolo, né Pietro, che, in seguito, la vita mi avrebbe consentito di conoscere da vicino, possedevano la forza delle sue parole.
“Abbandonate il padre e la madre e seguitemi” diceva il Maestro e io lo avevo seguito.
“I tempi sono maturi e il Regno dei Cieli è vicino” e io avevo preso le poche cose davvero necessarie, avevo abbracciato il padre e la madre, e lo avevo raggiunto.
Ci volle qualche giorno perché si accorgesse di me: non ne fui stupito, dato che il gruppuscolo che lo seguiva ovunque andava infoltendosi di giorno in giorno.
E, proprio a causa di questo inatteso successo, i suoi fedelissimi (i primi apostoli) gli stavano sempre attorno, nel tentativo di proteggerlo dai male intenzionati e di evitargli seccature dai bene intenzionati.
In fondo, tutti noi neofiti eravamo lì per chiedere una grazia per noi o i nostri cari, un favore, un lasciapassare per il Regno dei Cieli.
I fedelissimi lo sapevano e tentavano di tenerci lontano da lui almeno il tempo necessario per permettergli di pregare e meditare.
Io, però, volevo parlare con il Maestro a tu per tu e una notte lo seguii di nascosto. Lui se ne accorse subito, ma lasciò che lo seguissi e lo spiassi.
Lo vidi piangere e, preso da pena per lui e da profonda vergogna per quello che stavo facendo, me ne andai, lasciandolo alle sue lacrime.
La mattina seguente mi riconobbe e mi salutò: “Questa notte verrai con me” mi disse. Avvampai ed ebbi solo la forza di sussurrare: “Certo Maestro.”
Quella sarebbe stata la sua ultima notte da uomo libero.
Io non lo sospettavo.
Lui già lo sapeva.
“Perché ieri notte mi hai seguito?”
“Volevo parlarvi, Maestro.”
“Ti ascolto.”
“Perdonatemi, perché ho peccato.”
“Tranquillo, perché i tuoi non sono peccati: sei troppo giovane. Quanti anni hai, figliolo?”
“Tredici, Maestro e, nonostante la giovane età, ho peccato.”
“Come ti chiami?”
“Giovanni, ma tutti mi chiamano Marco. Sono il cugino di Barnaba.”
“Il figlio di Maria?”
“Sì Maestro, sono proprio il figlio della sua devotissima Maria. Mia madre non la segue, perché deve assistere mio padre.”
“Lo so. La vostra casa è sempre stata ospitale con me e i miei discepoli e lo sarà anche in futuro: so che le porte della casa di Maria saranno sempre aperte per loro.”
“Mia madre parla sempre di voi, Maestro” e a queste parole lo vidi sorridere impercettibilmente.
“Ma dimmi, il tempo è poco, perché volevi parlarmi?”
“Maestro ho peccato e voglio essere salvato. Purificatemi, vi prego!”
“Il tuo cuore è puro, Marco, lo vedo e vedo che resterà sempre puro. Morirai nella Grazia di Dio.”
A tali parole le lacrime iniziarono a rigarmi il viso. Non me le aspettavo e una gioia enorme mi invase il cuore. Quello stesso cuore che il Maestro sapeva puro.
“Tu mi seguirai anche quando il mio cammino terreno sarà concluso” aggiunse, mentre con un lembo della manica della sua tunica mi asciugava le lacrime. Odorava di mirra. Raccolsi tutto il coraggio che avevo e in un fiato gli dissi: “Purificatemi come il Battista ha purificato voi e Giovanni il fratello di Giacomo.”
Mi sorrise e capii che mi avrebbe accontentato. Ci avviammo verso il corso d’acqua che tagliava in due il giardino degli ulivi. Arrivati presso la riva, mi chiese di denudarmi e anche lui si svestì. Lo ammirai. Anche alla luce della luna il suo corpo risplendeva. Era bellissimo e possente e mi sorpresi a invidiare Giovanni, fratello di Giacomo, che aveva il privilegio di poter reclinare la testa sul suo petto.
Come mi avesse letto i pensieri mi disse: “A Giovanni affiderò mia madre. Lui ascolterà le mie ultime parole. Lui che amo più di tutti.”
Entrammo nell’acqua. Mi inginocchiai davanti a lui che, presa con le mani un po’ d’acqua, me la versò sul capo. Poi mi invitò ad alzarmi e mi baciò sulla bocca.
Fu allora che mi sentii morire. Morire e rinascere.
Era come se il suo alito mi percorresse le vene e mi purificasse il sangue. Come se il suo bacio mi stesse dando una vita nuova. Eterna. Come se, con quel bacio, mi avesse aperto le porte del Regno dei Cieli.
Un bacio che non era in nulla uguale ai baci che il mio amico del cuore mi aveva dato tra una carezza e l'altra fino a pochi giorni prima, fino a quando avevo lasciato la casa del padre per seguire il Maestro.
Diversissimo dai baci affettuosi di mio padre e di mia madre.
Di nessuno il bacio era stato così avvolgente. Penetrante.
Ne fui sconvolto. Lui sorrise e mi tranquillizzai. Mi abbracciò stretto e ci immergemmo, lasciando che le acque del fiume ci scorressero sulla testa. I suoi occhi brillavano e il buio non era più tale. Era la luce.
Quando riemergemmo, mi disse: “Il mio momento è arrivato. Devo prepararmi: tra poco Giuda sarà qui.”
Mi allontanai da lui, ma rimasi a guardare e vidi.
Vidi Giuda avvicinarsi a lui e baciarlo sulla guancia.
Vidi i soldati arrestarlo e lui non opporre resistenza, mentre lo portavano via.
Li seguii, ma quando uno di loro si accorse della mia presenza e tentò di catturarmi, scappai via.
Corsi più che potevo e intanto le sue parole mi martellavano nella testa: “Mi seguirai anche quando il mio cammino terreno sarà concluso.”
Pensai che ero un vigliacco e lui si era sbagliato sul mio conto. Non lo stavo affatto seguendo. Anzi, stavo correndo nudo dalla parte opposta!
Poi mi fermai. E capii. Io avrei testimoniato. La mia missione era questa: essere il suo testimone. Il testimone del suo immenso amore.
Piansi mentre sentii invadermi il cuore dalla forza di un leone. Un leone alato.
Un giovane lo seguiva, coperto soltanto con un lenzuolo; e lo afferrarono; ma egli, lasciando andare il lenzuolo, se ne fuggì nudo.
Marco, 14,51-52.

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